
di Eleonora Cirant
Adele Faccio era una di quelle donne che vorresti avere accanto in questi giorni, mentre ci si organizza per riaffermare, ancora una volta, che in materia di aborto l`ultima parola è quella femminile. L`aborto era illegale quando Adele fondò il Cisa (Centro informazione sterilità aborto) con lo scopo di offrire alle donne la possibilità di interrompere la gravidanza in modo sicuro, condividendo un`esperienza dura e assimilando le conoscenze per non doverla più ripetere.
Adele, un tavolo in una stanza, qualche sedia, poche donne che arrivano alla spicciolata: è il primo ricordo di Vanna Perego quando, nel `73, entra nella sede del partito radicale a Milano in Porta Vigentina, dove si tengono i primi consultori del Cisa. «Avevo 36 anni e 4 figli – racconta – e sentivo molto il problema del controllo delle nascite». Vanna conosce Emma Bonino in fabbrica e poi nell`attività di educazione sessuale nel quartiere milanese di Quarto Oggiaro, impegnate a stanare l`ignoranza dalle case. Così decide dì unirsi al piccolo gruppo di amiche che si va organizzando intorno al progetto del Cisa.
La vita di Adele non è stata di quelle semplici e lineari. Laureata in Lettere e Filosofia a Genova diventa la prima assistente donna (cattedra di Filologia romanza). E` partigiana in Italia e antifranchísta in Spagna. Collabora a numerose testate culturali e ne fonda una: La via femminile dove pubblica il suo primo articolo “Moralità dell`aborto”, il tema su cui si impegnerà per anni.
«Non più giovanissima – ricorda Vanna Adele volle diventare madre. Un compagno della comune dove vivevano le offrì il seme, in pratica il figlio lo crebbe da sola. Per noi questo era sbalorditivo, inconcepibile. Non avevamo mai incontrato nessuna come lei. Quando nel Settantasei fu eletta parlamentare e si trasferì a Roma, il figlio quattordicenne rimase qui a Milano. Ancora una volta ci stupì».
Non c`è giudizio nelle parole di Vanna, mentre offre il ricordo di Adele nel suo rapporto con la maternità. Vuole descrivere l`effetto dirompente che le scelte della nipote di Rina Faccio – in arte Sibilla Aleramo – avevano sugli schemi mentali delle persone che incontrava. Così è stata la sua pratica nonviolenta, perla quale nel `75 scontò 36 giorni di carcere per procurato aborto.
Tiziana Garlato la incontra in questa fase: «nonviolenza significa portare una contraddizione ad esplodere. Questa fu la pratica di chi si autodenunciò per procurato aborto. Adele lo fece in maniera plateale, con la precisa intenzione di farsi arrestare. Io avevo abortito a 19 anni, con cm noto “cucchiaio d`oro”, il dottor Bellincioni della Salus, clinica privata cattolica. Centomilalire nel `72, venti donne stipate in una misera stanzetta, i dottori nervòsissimi e impacciati.
Con quella esperienza alle spalle andai subito al Cisa, – racconta – volevo fare qualcosa. Ormai il Centro era conosciuto. Nei giorni di consultorio la fila delle donne arrivava in strada. Io davo la mia casa per gli aborti, in una stanza avevo messo un lettino ginecologico e nel box si approntava I`apparecchìatura per il metodo Karman», di cui Adele fu strenua promotrice.
Quello realizzato dai medici del Cisa si praticava inserendo nell`utero un sistema di cannule di metallo a diametro graduato, collegate ad una macchina aspiratrice. Il metodo era ritenuto più sicuro ed efficace di quello per raschiamento.
Le contestazioni non mancavano neanche da parte femminista, come ricorda Luigi De Marchi che conosceva Adele Faccio dagli anni Sessanta per aver scritto dei propri studi su Wilhelm Reich sulla rivista da lei diretta, Il Canguro. De Marchi racconta di quella volta che invitò Harvey Karmarn a Milano per un seminario di formazione: «la sede fu improvvisamente invasa da turbe di ragazzine che cercarono di bruciare gli arredi al grido di “De Marchi Karman agenti della Cia”, minacciandoci di gambizzazione».
Questo per dire quanto fosse frastagliato e conflittuale l`arcipelago (lei soggetti che lottavano contro l`aborto clandestino. «Con Adele – ricorda De Marchi – avevamo lavorato insieme per l`Aied (Associazione italiana educazione demografica), in contrasto con il Cemp (Centro informazione matrimoniale e prematrimoniale), che si manteneva sul piano della contraccezione non volendo uno scontro frontale con il mondo religioso. Ma sporcare le mani con l`aborto. Così Adele se ne distaccò e insieme a Tassin ari fondò il Cisa».
«Nei giorni di consultorio, 2 volte a settimana, arrivavano fino a 100 donne – spiega Vanna -. Ci si divideva in gruppi di una decina, con una di noi referent e che spiegava quali fossero i metodi contraccettivi e come si sarebbe svolta l`interruzione di gravidanza. I gruppi si distinguevano tra chi era entro il limite di 8 settimane di gravidanza e chi lo superava. Nel primo caso, una metteva a disposizione la propria casa, si fissava data e ora, niente dì, scritto. Si era deciso 50 mila lire per intervento, chi non poteva non pagava.
Nel secondo caso il gruppo andava in Inghilterra, dove le aspettava una compagna che aveva localizzato una buona clinica e si occupava della logistica – racconta Vanna, che in quei primi anni Settanta partecipava an che al gruppo femminista di Via Cherubini a Milano – quando la voce si è sparsa anche lì, tante ragazze sono venute ad aiutarci. Ascoltando tutte quelle donne ci siamo accorte della vastità del fenomeno degli aborti clandestini e della grande ignoranza in materia di sessualità. Per questo abbìamo poi fondato il Ced (Centro educazione demografica)».
Nel 1978 fu varatala legge 194 intitolata “Norme perla tutela sociale della maternità e sull`interruzione volontaria della gravidanza”. In Parlamento Adele Faccio votò contro, insieme agli altri deputati del partito radicale Emma Bonino, Marco Pannella, Mauro Mellini. Nel discorso alla Carnera, Emma Bonino esplicitò il loro rammarico, riconoscendo in quella votazione il «momento culminante di dieci annidi lotte radicali e femrniriiste, che sono diventate lotte di tutte le donne italiane» e rinotivando il voto con il fatto che la legge 194, frutto di troppe mediazioni, avrebbe affidato le donne ad un itinerario burocratico nel quale si sarebbero scontrate con la diffidenza e l`ostilità delle strutture sanitarie, cori le resistenze e i pregiudizi della classe medica, con «l`atteggiamento e il potere di una Chiesa che ha già mobilitato tutte le sue forze contro questa legge, per vanìficarne le già limitate e circoscritte possibilità di applicazione». Così si chiude la stagione dell`impegno di Adele per l`aborto.
A un anno dalla sua scomparsa, il ricordo dell`amico e compagno di lotte Emilio Montorfano: «aveva un cuore enorme. La sua casa era aperta a tutte le ragazze che si sentivano allo sbando. Le amava molto e per dare a loro rinunciava a cose per sé. Le piaceva vedere nascere le coppie. “Mi manca un compagno”, diceva. Avrebbe voluto impegnarsi per aiutare le donne prostitute, ma non trovò un`organizzazione che la sostenesse “non si può fare niente perché tutti hanno paura delle cosche”». Del periodo passato insieme, Tiziana racconta «come allora un pó tutto si permeasse di Adele, diventasse “Adele”: tutto diveniva determinato e al contempo ironico, serissimo ma leggero, a volte anche spigoloso, altre volte ancora indulgente verso le stesse cose che andavamo – e con quanta passione! combattendo…».
Di sé stessa Adele Faccio ha scritto: «Non voglio l`amore solo per me, ma anche e sempre per tutti, e questo rompe».

Eleonora Cirant
Giornalista